La fede raccontata col linguaggio della bellezza
"La vera apologia della fede cristiana, la dimostrazione più convincente della sua verità, contro ogni negazione, sono da un lato i santi, dall'altro la bellezza che la fede ha generato". Così il cardinale Joseph Ratzinger nel 2002. La Via Pulchritudinis è sempre stata una delle vie più battute all'interno della storia del cristianesimo e il Bello non ha mai sofferto una condizione di minorità rispetto al Vero e al Buono.
Non desta stupore quindi la riedizione per il secondo anno consecutivo del corso sul tema "La bellezza della fede" presso la Pontificia Università Lateranense, voluto e organizzato dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose Ecclesia Mater e dall'Ufficio per la Pastorale Scolastica del Vicariato di Roma, corso che è iniziato lo scorso 8 ottobre con la relazione di monsignor Giuseppe Lorizio, preside dell'Ecclesia Mater, sul tema "Dire il sacro, dire il bello. Teologia e letteratura" e si concluderà con la conferenza di don Filippo Morlacchi, dell'Ufficio della Pastorale Scolastica, intorno al Requiem di Verdi rivisitato come itinerario didattico.
Punto di partenza di questa seconda edizione del corso è la provocazione del gesuita Michael De Certau che ormai oltre venti anni fa metteva in guardia sul rischio della possibile "estetizzazione del cristianesimo", sul fatto cioè che "Il corpo degli scritti e dei riti cristiani è percepito, cioè utilizzato come un insieme di belle opere d'arte, poetiche e suggestive". Una cosa bella, il cristianesimo, un fatto estetico, "suggestivo", e nulla più? Da questa provocazione scaturisce l'interrogativo a cui il corso vuole rispondere: se sia possibile, oggi, trasmettere la fede cristiana con il linguaggio della bellezza, senza snaturarne il messaggio.
Per rispondere i relatori che si alterneranno nelle dodici lezioni previste si inoltreranno e faranno luce all'interno dell'articolato e strettissimo legame intrecciato dalla fede cristiana con la letteratura, il teatro, il cinema e la musica.
Monsignor Lorizio, ispiratore e organizzatore del corso, durante la lezione inaugurale, ha citato Hölderlin e Proust, volendo sottolineare, per il mondo occidentale, l'imprescindibilità della Bibbia, ma anche la sua ambiguità e fragilità, perché "fra l'agire e il parlare di Dio nella storia e le Sacre Scritture non si dà originariamente una relazione di totale equivalenza e corrispondenza", questo in quanto "il termine rivelazione sta a designare l'insieme degli eventi e delle parole attraverso cui Dio si manifesta".
Il relatore ha inteso criticare una sorta di "Bibbialatria" che svuoterebbe il testo sacro del suo valore di rivelazione, a favore di un "fondamentalismo estetico" perché il "biblicismo" - da cui anche l'intervento di Benedetto XVI al recente Sinodo sulla Parola di Dio ha messo in guardia - è uno dei rischi in cui si può incorrere qualora l'interpretazione esegetica non venga adeguatamente accompagnata e sostenuta da una riflessione teologica.
"La Rivelazione infatti - ha spiegato Lorizio - eccede il testo scritto, che va sempre e comunque letto nell'alveo della grande tradizione ecclesiale".
Il richiamo a Benedetto XVI permette una breve riflessione su un tema che sta molto a cuore al Papa, quello della liturgia e con essa della rivalutazione della bellezza della fede. Abbiamo chiesto a monsignor Lorizio se non trovi che nella Chiesa, negli ultimi decenni, si sia invece messo un po' sotto tono questo aspetto estetico, a favore magari dell'aspetto etico della fede.
"A me sembra che oggi si corra piuttosto il rischio di una deriva estetizzante del credere, in stretta connessione con la tentazione di ridurre la fede al livello meramente emotivo, col risultato di una sua progressiva privatizzazione. Altra possibile e fuorviante prospettiva sarebbe quella che lei indica in una sorta di identificazione del credere con l'etica. Lo stadio estetico e quello etico sono importanti per la fede cristiana, ma non ne esauriscono la vitalità. Il carattere prismatico della fede consente di integrare anche il rapporto col bello relazionandolo al bene e al vero, in una feconda circolarità. La cura del bello nel culto è fondamentale perché l'ambito liturgico custodisca il senso del mistero e consenta all'uomo di aprirsi ad esso".
Lorizio tiene ad illustrare quali siano gli obiettivi specifici e le aspettative di questa seconda edizione del corso precisando che "nella precedente abbiamo messo a fuoco soprattutto il rapporto della fede con le arti figurative, mentre ora ci rivolgiamo alla letteratura, alla musica, al teatro e al cinema con il loro strutturale riferimento alla parola-voce, che è dimensione fondamentale della rivelazione stessa. Ci rivolgiamo prevalentemente agli insegnanti di religione cattolica, in quanto ci attendiamo da loro un fecondo rapporto con queste forme del bello che i giovani non solo nella scuola incrociano e vivono".
(©L'Osservatore Romano - 9 novembre 2008)
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