domenica 26 febbraio 2012

Perché l'ateismo non esiste

Che l’ateismo sia contro-natura, Julien Ries, 92 anni ad aprile, l’ha dimostrato da una vita. «Il senso religioso è in qualche modo innato nell’uomo» ha ribadito in decine di studi storici e antropologici colui che oggi è ritenuto il più grande studioso vivente delle religioni. Ma la berretta cardinalizia conferitagli da Benedetto XVI il 18 febbraio scorso è il definitivo riconoscimento di Ries come fondatore di una nuova branca del sapere: l’antropologia religiosa. Sbaragliando un campo, quello dell’antropologia, che in troppi atenei è ottuso alla dimensione ultraterrena. Erede di Mircea Eliade, Julien Ries sacerdote belga a lungo docente all’università cattolica di Lovanio, ha dedicato un’intera esistenza allo studio del sacro nelle diverse culture. Spingendosi fino alle origini dell’umanità, Ries dall’analisi di migliaia incisioni rupestri e dal comportamento riguardo ai defunti, ha mostrato come l’uomo prima ancora di essere habilis o erectus sia stato religiosus. La sua bibliografia è sterminata, ma decisivi sono testi come Il senso del sacro. Nelle culture e nelle religioni e I cristiani e le religioni, pubblicati da Jaca Book, la casa editrice che l’ha fatto conoscere in Italia.
Natale Spineto, docente di storia delle religioni a Torino, conosce Ries da oltre vent’anni e ha collaborato con lui all’edizione di diversi libri. Studioso di storiografia e metodologia della storia delle religioni, autore anche di un prezioso volume su I simboli nella storia dell’uomo (Jaca Book), Spineto ha scritto uno studio e curato un volume collettivo sull’opera di Ries L’antropologia religiosa di fronte alle espressioni della cultura e dell’arte (a cura di N. Spineto, Jaca Book, Milano 2009). Con lui ci addentriamo nel suggestivo percorso di studi aperto dal grande antropologo belga. 
Julien Ries cardinale. Se l’aspettava?
Penso che nessuno di noi se lo aspettasse, Ries per primo. Fino a due anni fa non era neanche monsignore, perché in Belgio, a differenza che in Italia, il titolo viene assegnato molto raramente e soltanto alle persone che occupano cariche per le quali è indispensabile averlo. La nomina a cardinale è un riconoscimento ulteriore rivolto alla sua attività scientifica e al contributo che ha dato, tramite gli studi di storia delle religioni, all’edificazione di una cultura cattolica per il Ventesimo – e ora Ventunesimo – secolo ed è un segno in più dell’attenzione speciale rivolta in questi ultimi anni dalla gerarchia ecclesiastica alle tematiche culturali. 
Quali sono i concetti rivoluzionari apportati da Ries?
Il concetto intorno al quale ruotano le opere di Ries è quello di homo religiosus: si tratta dell’idea secondo la quale la dimensione religiosa è una componente fondante e ineliminabile di ogni essere umano. Se questo è vero, le diverse maniere di vivere i rapporti con il sacro che la preistoria e la storia ci documentano costituiscono un patrimonio di esperienze che risulta di fondamentale importanza. Conoscere tale patrimonio serve all’uomo per vivere più consapevolmente la propria religiosità. Anche in una società secolarizzata, infatti, soltanto vivendo consapevolmente e pienamente il suo rapporto con il sacro l’uomo può trovare per Ries la sua realizzazione.
 Perché Ries può dire che l’uomo è religioso sin dalla sua origine?
La concezione secondo la quale l’uomo è intrinsecamente religioso è propria di una certa tradizione di studi storico-religiosi, quella cosiddetta fenomenologica, alla quale Ries si richiama. Di solito questa idea viene argomentata con ragioni filosofiche o teologiche; Ries ritiene invece che essa trovi il suo fondamento prima di tutto nell’analisi dei documenti che ci ha lasciato la preistoria. Cerca dunque di mettere in rilievo le tracce dell’homo religiosus fin dal paleolitico, rinvenendole nella capacità di produrre simboli che fanno da mediatori con una realtà altra e si esprimono attraverso le sepolture, le pitture e incisioni rupestri, i manufatti. 
 Qual è la radice comune a tutte le religioni?
Direi che, nella prospettiva di Ries, la radice di tutte le religioni risiede nella tensione dell’uomo verso il sacro, cioè verso una realtà che trascende la sua vita e le dà senso. Dietro l’estrema varietà delle espressioni culturali c’è un uomo che è sempre tale, in tutte le epoche e a tutte le latitudini: un uomo con la sua struttura fisica e psicologica, i suoi bisogni e le sue esperienze fondamentali; le maniere nelle quali l’uomo getta un ponte verso il sacro non sono dunque infinite, ma seguono determinati modelli, espressi nel mito, in certi riti tipici, come quelli di iniziazione o quelli festivi, nei simboli. Le religioni sono quindi comparabili perché nascono da esperienze umane comuni e si definiscono secondo modelli analoghi. Se, per dialogare, è inevitabile trovare un linguaggio condiviso, le religioni, proprio per le loro radici comuni, sono già necessariamente in dialogo. E se questo dialogo sembra a volte difficile o impossibile è perché, secondo Ries, da queste radici ci si allontana, per ragioni politiche, economiche, di potere, legate a interessi contingenti che non hanno a che fare con l’originaria dimensione sacrale, ma che anzi costituiscono un suo nascondimento, un suo travisamento, un suo tradimento. 
 Perché il cristianesimo non è uguale alle altre religioni?
Le religioni sono, per uno storico come Ries, storicamente determinate, e quindi sono tutte diverse. Le loro radici comuni non devono far dimenticare che la tensione dell’uomo verso il sacro si definisce ogni volta in termini differenti, perché l’uomo è inserito in una dimensione storica e soltanto attraverso questa dimensione esprime se stesso. Questo costituisce un fattore di ricchezza ed è la ragione per la quale è importante, per Ries, studiare le produzioni religiose dell’umanità di tutti i tempi. Nella prospettiva di Ries l’approccio storico si intreccia comunque con quello filosofico e con quello teologico, che gli fanno considerare l’esperienza religiosa cristiana non solo come un’esperienza nuova e diversa dalle altre (in particolar modo con l’idea dell’incarnazione di Dio e della sua morte e risurrezione in un contesto storico) ma anche come una fonte primaria di senso attraverso la quale leggere anche le altre tradizioni religiose. 
 Perché anche un non credente potrebbe trovare giovamento dalla lettura di Ries?
Ries è un intellettuale che studia e descrive le religioni dell’umanità con un linguaggio chiaro e accessibile e chiunque può leggere i suoi lavori con profitto, indipendentemente dal fatto che sia credente o meno. Per penetrare fino in fondo il senso dei fenomeni religiosi occorre però per Ries una fondamentale fiducia nella capacità del sacro di esprimere, attraverso i simboli, qualcosa di autentico e di reale: un presupposto difficilmente condivisibile da chi parta da un atteggiamento di negazione programmatica della realtà del sacro, cioè, in altri termini, da un ateismo di base. Il che non significa che Ries non vorrebbe avere un ateo tra i suoi lettori: anzi, credo che dal suo punto di vista le prove storiche e preistoriche dell’esistenza dell’homo religiosus dovrebbero indurre tutti – anche chi parte da idee opposte – a riconoscere la bontà dei suoi assunti. 
 Non ritiene che oggi in ambito accademico tanti corsi di storia delle religioni e antropologia escludano la dimensione del sacro?
La storia delle religioni attuale riconosce, in genere, il principio secondo cui occorre ragionare “etsi Deus non daretur”, mettendo cioè tra parentesi la questione dell’esistenza o meno di Dio; un modo di intendere le cose legittimo ma che preclude, sempre nella prospettiva di Ries, la comprensione di molte componenti fondamentali del dato religioso. Direi che è per questo che Ries, pur avendo sempre professato la storia delle religioni, ha voluto edificare, accanto ad essa, quella che ha chiamato “antropologia religiosa” o antropologia del sacro, cui assegna dignità di disciplina nuova e differente. 
 Il cardinalato di Ries suggella dunque questa nuova disciplina?
Nel 2009 si è svolto, a Roma, un convegno organizzato dalla Cei “Dio Oggi”, in cui si voleva indicare un nuovo indirizzo per la cultura cristiana. Il sottotitolo del convegno era: “Con Dio o senza Dio cambia tutto”, che è, in qualche modo, il contrario del ragionare “etsi Deus non daretur”. Ecco, la prospettiva di Ries rientra perfettamente in questo modo di vedere, considerato come punto di riferimento per leggere la storia delle religioni non cristiane (ma anche del cristianesimo). Una storia la cui conoscenza risulta fondamentale per rispondere tanto a un’esigenza di sempre, quella della realizzazione di ogni singolo uomo, quanto a un problema oggi più che mai urgente e importante, quello del rapporto e del dialogo fra le religioni. Credo che la porpora costituisca il riconoscimento – doveroso – di tutto questo da parte della Chiesa. E che, concessa a un sacerdote ultranovantenne dal passato glorioso, non si debba vedere come un “Oscar alla carriera”, ma piuttosto come una conferma della fecondità del progetto del professore belga e come l’indicazione ai cristiani di una via per l’avvenire, da continuare a percorrere sotto la guida di Julien Ries.


di Antonio Giuliano «La Bussola Quotiana» 5-02-2012

lunedì 20 febbraio 2012

Opinion: Santorum Holier-Than-Thou?

Editorial board member Dorothy Rabinowitz discusses why she thinks Rick Santorum's religiosity would kill him in the general election.


From the Wall Street Journal.

mercoledì 15 febbraio 2012

Diagnosis of depression with a blood test?

A study shows that a blood test could provide useful information to identify depression: a group of researchers analyzed blood samples from 36 men and women with major depression, in search of nine substances that can serve as a marker of the disease.


When mental health care providers suspect that someone has depression, they rely on symptoms to help make the diagnosis. But some cases do slip through. Now, a new study,  according to a team of researchers from Massachusetts General Hospital, finds that a blood test may provide much-needed information for identifying this illness, which affects an estimated one in ten U.S. adults.
Researchers brought in 36 men and women with major depression, and another 43 who'd never had this problem. Everyone provided a blood sample. The researchers checked the samples for nine substances that may serve as markers of depression. One of the markers was cortisol, the so-called stress hormone. They used these measurements to create a score that pointed to whether or not each person had depression.
The blood test appeared to be a fairly accurate way to identify people with depression. The researchers say adding an objective biological test might also help doctors choose the best treatment approach and track a patient's response better.

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mercoledì 1 febbraio 2012

Another great qoute from Suzanne's blog today !!

The Catholic Breadbox: QUOTATION: Virtue:

«Many men sneer at virtue because it makes vice uncomfortable.»
--Archbishop Fulton J. Sheen