"È importante che ogni confessore senta" la responsabilità di invitare il penitente alla lettura delle Sacre Scritture "e si assuma questo impegno. Forse il Sinodo potrebbe rivolgere un invito specifico a questo riguardo". Lo ha auspicato il cardinale Tarcisio Bertone aprendo la serie dei quindici interventi liberi con cui sabato pomeriggio, 11 ottobre, si è chiusa la prima settimana dei lavori sinodali.
Il segretario di Stato, anticipando un tema che è stato ripreso dal Papa durante la canonizzazione del giorno successivo, ha iniziato dalla premessa di "una ripresa della pratica del sacramento della penitenza individuale specialmente dall'Anno Santo del 2000". Una ripresa che però deve fare i conti con una crisi senza precedenti e che impone una seria e approfondita analisi delle cause e l'individuazione di soluzioni pratiche. In tal senso il porporato ha parlato del rapporto tra Parola di Dio e sacramento della penitenza, che - ha detto - "è facile tematizzare nelle celebrazioni penitenziali, che solitamente precedono il rito per la riconciliazione di più penitenti", mentre appare "molto più difficile realizzare questo collegamento esplicito nella riconciliazione di un singolo penitente". Il cardinale Bertone ha messo in rilievo come non si veda la realizzazione concreta di tale collegamento e che, sebbene l'Instrumentum Laboris ne accenni solo brevemente al numero 36, il rito della Penitenza promulgato nel 1973, al n. 17 lo postula in modo esplicito. Esso parte dal principio: "È la Parola di Dio che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama alla conversione e gli infonde fiducia nella misericordia di Dio. Quindi il sacerdote, o anche il penitente stesso, legge secondo l'opportunità un testo della Sacra Scrittura; la lettura può essere fatta anche nella preparazione al Sacramento (oltre l'esame di coscienza!)".
Il segretario di Stato ha poi enunciato le tante esemplificazioni che il rito offre al numero 43: "Si possono richiamare anche le letture bibliche del giorno liturgico, o dire a memoria qualche versetto in cui si parla della misericordia di Dio, o in cui si invita la persona a pentirsi o a convertirsi", ha detto ricordando la propria esperienza di giovane assistente salesiano, quando era tenuto a imparare a memoria, ogni settimana, dieci versetti del Nuovo Testamento. Ha anche fatto riferimento alla settimana dedicata alla lettura della Bibbia a Santa Croce in Gerusalemme, da lui stesso chiusa poche ore prima di intervenire nell'Aula del Sinodo, sottolineando come l'iniziativa abbia favorito anche una ripresa delle confessioni.
Negli altri interventi liberi sono stati trattati vari argomenti, tra i quali l'identità tra azione e Parola, la necessità di guardare alle cose dal basso, con gli occhi degli ultimi, la lotta in Africa alle cosiddette "sette della prosperità" che si fondano sul "culto del milionario istantaneo", dove le vittime vengono adescate attraverso la manipolazione dei testi biblici. Da qui l'auspicio di traduzioni approvate dalle Conferenze episcopali e la possibilità di accedere gratuitamente ai testi sacri, grazie alla generosità delle Chiese più ricche, sulla scia di quanto avviene in Oceania. Dall'Asia sono giunti suggerimenti per la "formazione dei formatori" mentre è di un vescovo degli Stati Uniti la proposta di formare "professionisti della Parola" tra il laicato, definito "il gigante dormiente che si sta risvegliando". Salvaguardia dell'ambiente, validità giuridica della Parola, eventuali congressi biblici gli altri temi. Molto applaudite infine le parole del cardinale Arinze, il quale ha avuto una deroga al limite di tempo previsto, per annunciare alcune novità liturgiche in applicazione della Sacramentum caritatis, l'esortazione apostolica scaturita dal precedente Sinodo.
Alla presenza di 209 padri sinodali, l'undicesima congregazione generale è stata caratterizzata dai tredici interventi preordinati, moderati dal presidente delegato di turno, il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer. Tra i temi svolti dai padri sinodali in questa fase il fenomeno della globalizzazione connesso con la sfida delle moderne tecnologie; i rischi del secolarismo; le antiche e nuove povertà, le molte emarginazioni nel mondo, di fronte all'annuncio del Vangelo.
Rispetto alla visione teocentrica dell'uomo e delle sue azioni in questo mondo - ha detto in proposito il vescovo di Estelí (Nicaragua), monsignor Juan Abelardo Maria Guevara - si è sviluppata una visione sempre più antropocentrica interessata alla realtà immediata, individuale e concreta. "Si tratta - ha aggiunto - di un ateismo pratico". Ciò ci costringe "ad un grande sforzo intellettuale che - ha detto ancora - si presenta come una sfida secondo le parole di Giovanni Paolo ii "quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento"".
Particolare attenzione è stata rivolta dai padri sinodali al problema della povertà e dell'emarginazione del mondo. La Chiesa, è stato detto, mentre continua la sua incessante opera di evangelizzazione e promozione umana deve, attraverso la Parola di Dio, anche esortando a rimuovere le cause strutturali di queste piaghe.
È stata inoltre affrontata la questione dell'evangelizzazione in alcuni paesi dell'America Latina le cui culture indigene hanno camminato per lungo tempo parallelamente al percorso evangelico. Con "risultati" già evidenziati dalla Conferenza di Aparecida: "Molti battezzati e pochi evangelizzati".
Diversi i problemi affrontati in alcune zone dell'Africa segnate da molteplici negatività e da una serie di conflitti interni, dove troppo spesso l'evangelizzazione è segnata da interpretazioni riduttive della fede, da orientamenti esoterici e gnostici, da una lettura fondamentalista e al contempo magica, simbolica e ideologica della Bibbia e del Vangelo. Lo ha evidenziato il vescovo di Kinkala, Repubblica del Congo, monsignor Louis Portella Mbuyu, il quale "di fronte a questa situazione complessa" ha indicato come una delle urgenze pastorali nel suo paese quella di "Aiutare, incoraggiare i fedeli di Cristo a leggere la Parola di Dio, a meditarla a pregarla in quanto può "ricreare" l'uomo africano che porta ancora in sé le conseguenze del passato".
I lavori dei padri sinodali sono ripresi questa mattina, lunedì 13. Durante la congregazione, la dodicesima, presieduta dal cardinale William Joseph Levada alla presenza di 234 padri sinodali, sono stati svolti 29 interventi. Il richiamo alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, "grammatica della convivenza umana", la riflessione sullo stretto nesso che lega Parola e comunità dei fedeli, le iniziative seguite alla Giornata mondiale della gioventù di Sydney, sono stati i temi posti particolarmente in rilievo. Il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, ha ricordato una delle iniziative lanciate durante la Gmg 2008, il sito in rete "Cristo per il terzo millennio". Troppe omelie sono "insipide e poco interessanti" ha detto senza mezzi termini il vescovo Joseph Aké, di Yamoussoukro, proponendo iniziative per migliorare la formazione del clero. Il vescovo ha citato poi l'episodio evangelico dell'incontro tra Gesù e la Samaritana, che può spiegare la dinamica dell'inizio della fede nel cuore dell'uomo; non sono le parole che convincono ma l'incontro con qualcuno che ci ama. La comunità ecclesiale è altrettanto decisiva per la fede del singolo della conoscenza della Parola; l'ha ribadito nel suo intervento il patriarca di Venezia Angelo Scola, riflettendo sull'autentico significato della pia lectio; non solo studio del testo divino, e neanche reazione immediata all'ascolto, ma un dialogo continuo che si illumina di senso solo condividendo la vita della Chiesa. Troppe volte l'Antico Testamento viene strumentalizzato e usato per veicolare messaggi politici hanno sottolineato il vescovo libanese Guy-Paul Noujaim e Christo Proykov, presidente della Conferenza episcopale della Bulgaria, che ha criticato anche "l'uso e l'abuso di testi apocrifi che diffondono una visione caricaturale di Gesù".
Monsignor Antony Devotta, vescovo di Tiruchirapalli, nel suo intervento è tornato sulla situazione dell'India per sottolineare che "non esiste solo una persecuzione diretta nei confronti dei cristiani, come avviene in questi giorni", ma "anche una persecuzione indiretta non meno dolorosa". "Chi si converte al cristianesimo, - è stata la denuncia del Presule - specialmente se appartiene ai ceti più popolari, viene discriminato e privato dei benefici economici". Il presule si è poi soffermato sul ruolo fondamentale svolto dai laici nell'evangelizzazione, definendoli come il "nostro tesoro più grande" e la speranza della Chiesa nel mondo globalizzato. I laici non solo possono dare un contributo rilevante all'annuncio del Vangelo, ma possono aiutare a comprendere e a interpretare la Parola di Dio.
Delle difficoltà dei cristiani di vivere in pace con altre culture e religioni ha parlato anche il cardinale Sfeir, il quale ha descritto la situazione del Libano. Fino a quaranta anni fa il Paese era caratterizzato dalla convivenza islamo-cristiana, mentre negli ultimi anni ingerenze esterne hanno complicato ancor più la situazione. Per questo motivo, la presenza e la vita dei cristiani in Libano diventa sempre più difficile, tanto che a migliaia hanno abbandonato il Paese. A questo proposito, il cardinale ha lanciato un grido di allarme, in quanto "se la tendenza a emigrare verso l'Occidente rimarrà invariata, nel giro di qualche decennio il Libano e l'Oriente perderanno la presenza significativa dei cristiani. La speranza della comunità ecclesiale libanese e fatta propria dal porporato è riposta nell'intercessione dei fratelli maggiori nella fede, ai quali i fedeli si rivolgono".
Questo pomeriggio i padri sinodali si recano nella basilica di San Paolo fuori le Mura dove saranno accompagnati a visitare la tomba dell'Apostolo. Successivamente assisteranno a un concerto offerto dalla Fondazione pro musica e arte sacra, eseguito dai Wiener Philharmoniker, diretti da Christoph Eschenbach, i quali eseguiranno la sesta sinfonia di Anton Bruckner.
(©L'Osservatore Romano - 13-14 ottobre 2008)
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