martedì 14 ottobre 2008

I settanta volti della Bibbia

Uno sguardo sull'esegesi

di Gianfranco Ravasi

"Come un martello frantumando la roccia sprigiona molte scintille, così anche un solo passo delle Scritture dà luogo a diversi significati per cui ogni versetto si apre a molteplici letture". Questa suggestiva dichiarazione del trattato talmudico sul Sinedrio (34 e 35) risuona ripetutamente e secondo iridescenze diverse nella tradizione giudaica: "La Bibbia ha settanta volti (...) In ogni parola sacra brillano molte luci (...) Dio ha pronunciato una parola, due ne ho ascoltate". Né era stata da meno la tradizione patristica che con san Gregorio Magno nelle sue Omelie su Ezechiele ripeteva che "le parole della Sacra Scrittura sono pietre squadrate" (ii, 9, 8), le cui facce differenti rivelano diversi profili, un po' come dirà, secoli dopo, Gandhi a proposito della verità: "Essa è simile al diamante: è una sola, ma ha molte facce".
Nella sua Dottrina cristiana, sant'Agostino affermava che "dalle stesse parole della Scrittura si ricavano più sensi (...) perché le stesse parole vanno intese in più modi" (iii, 27, 38). Tutte queste dichiarazioni sono alla base della complessità dell'ermeneutica biblica che da sempre ha adottato una pluralità interpretativa prospettica, a partire dai celebri quattro sensi della tradizione medievale. A questo riguardo è significativa la trascrizione aggiornata che ne aveva fatto Hans Urs von Balthasar nel saggio Con occhi semplici. Verso una nuova coscienza cristiana (Herder-Morcelliana, 1970), quando scriveva: "I quattro sensi scritturistici celebrano una loro nascosta risurrezione nella teologia odierna: infatti il senso letterale pare come quello da far emergere in quanto storico-critico; quello spirituale in quanto kerigmatico, quello tropologico in quanto esistenziale e quello anagogico come l'escatologico".
La pluralità dei significati - soprattutto per quanto concerne il cosiddetto "senso letterale" - viene spesso raggiunta anche attraverso la molteplicità delle strumentazioni esegetiche che si sono affinate in questi ultimi decenni, ridimensionando un po' il metodo "storico-critico" che era il dominante, se non l'esclusivo, fino a esercitare talora - come è stato detto - una sorta di "imperialismo" critico. È facile intuire in questa moltiplicazione della metodologia esegetica l'ormai prevalente "specializzazione" a cui sono approdate le scienze moderne e sospettarne subito il rischio, quello dell'unilateralità, dell'assolutizzazione del "parziale", del considerare la "faccia" messa in luce come l'unica dell'intero diamante della verità, cioè della pagina sacra.
A noi, nello spazio ristretto di questa panoramica, interessa soprattutto delineare i percorsi fondamentali seguiti dai vari approcci, che esemplificheremo tenendo conto soprattutto delle letture dei testi evangelici. Si tratta quasi di quattro grandi viali che, però, possono essere calpestati in forme diverse, con mezzi di trasporto differenti. La prima arteria è quella della "nuova critica letteraria". Anche in ambito profano, accanto al tradizionale metodo storico e filologico, si sono accostate nuove forme di analisi dei testi. Ne ricordiamo tre come particolarmente significative. C'è innanzitutto l'analisi "retorica" che, pur partendo dall'analoga pratica classica iniziata con Aristotele e proseguita con famose figure della grecità, latinità e cristianità - tanto per fare qualche esempio, pensiamo a Demostene, a Cicerone, Quintiliano e a Severino Boezio - si è sviluppata ora secondo canoni di nuovo conio, tant'è vero che si è soliti parlare di "nuova retorica" (lo studioso Charles Perelman).
Essa, andando oltre la mera inventariazione delle figure e degli artifici oratori, mette l'accento sul fatto che nel linguaggio c'è una dimensione non meramente "informativa" ma anche "performativa", cioè di convincimento e coinvolgimento dell'altro, dimensione capitale soprattutto nel discorso religioso. In questa luce i Vangeli sono esemplari perché sono stati elaborati proprio a partire da un kèrygma, cioè da un annunzio che voleva essere persuasivo e convincente e che era impostato per raggiungere l'adesione dell'ascoltatore. È, quindi, importante tener conto delle strategie usate da Gesù e dagli evangelisti per comunicare a uditori differenti il messaggio del Regno di Dio, ed eventualmente anche per continuarne l'applicazione nei nuovi contesti attuali - esemplare è già il caso della "retorica" di Paolo.
Un altro tipo di analisi letteraria è quella "narrativa". Essa è decisiva in tutta la Bibbia che è una descrizione efficace della storia della salvezza e lo è, a maggior ragione, nei Vangeli che sono il racconto della vita, delle opere e del messaggio di Gesù. Lo stesso Cristo per parlare del Regno di Dio ricorre spesso a uno strumento narrativo, la parabola. La narratologia contemporanea è, però, complessa e si dedica a individuare il punto di vista del narratore - che può essere l'autore "reale" che ha composto il racconto o l'autore "implicito", cioè la figura che emerge come protagonista - e il punto di vista del lettore "reale" e di quello "implicito", cioè colui che l'autore vuole avere, quasi plasmandolo nel corso della lettura.
Questa della comunicazione narrativa, che s'intreccia con la precedente retorica, ha una metodologia che merita di essere studiata e applicata proprio per un annunzio che sia coerente con la matrice storica e non meramente teorica della rivelazione cristiana e che sia efficace nei suoi risultati di attenzione e di adesione. In qualche modo l'analisi narrativa dei Vangeli s'intreccia anche con la terza forma di esegesi letteraria che vorremmo presentare, quella "semiotica" che ebbe come punto di avvio il cosiddetto "strutturalismo" dello svizzero Ferdinand de Saussure (1857-1913). Affidato spesso a un linguaggio esoterico e iniziatico, dotato di itinerari diversificati secondo le varie scuole - gli esegeti che lo applicano prediligono la "scuola di Parigi" fondata dal francese lituano Algirdas J. Greimas - questo approccio si fonda soprattutto sulla "sincronicità" e sull'"immanenza" del testo.
Detto in termini molto semplificati, anziché inseguire le lunghe ricerche storico-critiche sulla genesi di uno scritto, sugli autori, sui destinatari, sui contesti culturali e sociali e così via (la "diacronia"), ci si ferma al testo in sé, preso come un tutto in sé, costruito secondo una rete di relazioni la cui individuazione ci permette di isolarne l'impianto e il significato globale. Esemplari in questo senso sono le parabole evangeliche o i racconti di miracoli che, analizzati semioticamente senza il ricorso a ricerche storico-filologiche pesanti, rivelano il loro progetto e il loro messaggio già nella superficie testuale - sempre in Francia, molti esegeti hanno offerto al riguardo risultati interessanti per la catechesi; tra questi segnaliamo il "Gruppo di Entrevernes" che ha pubblicato alcuni libri tradotti anche in italiano.
È giunto il momento di aprire un altro "viale", quello delle "scienze umane". Ci sono, infatti, alcune discipline moderne che si dedicano a studiare il fenomeno umano nel suo agire e svelarsi individuale e comunitario. Si sono, così, delineati anche alcuni metodi di interpretazione di quel fenomeno umano speciale che è l'opera letteraria. Anche per questa strada generale descriveremo tre diversi itinerari, condotti con strumenti o "veicoli" differenti. Iniziamo con l'analisi "sociologica" che, per quanto riguarda i Vangeli, è iniziata nei primi trent'anni del secolo scorso con la "Scuola di Chicago", ma che è diventata rilevante a partire dal 1970.
È, infatti, evidente che tutta la Bibbia presenta una particolare struttura sociale che ha caratteristiche specifiche e in evoluzione e che incidono sul messaggio. Dopo tutto la stessa storicità della rivelazione fa sì che essa sia incarnata in precise coordinate sociologiche. Significative al riguardo sono state le ricerche del tedesco Gerd Theissen con la sua Sociologia del cristianesimo primitivo (1979), che si è anche attenuto agli aspetti del folclore e del colore locale, tipici dell'epoca di Gesù. Naturalmente i metodi propri di ciascun orientamento sociologico possono condizionare i risultati acquisiti attraverso il vaglio dei dati. Fece, così, scalpore la cosiddetta "lettura materialista" dei Vangeli, come quella proposta in passato dal portoghese Ferdinando Belo per Marco. Se può essere rilevante determinare il "vissuto" concreto di Cristo e della Chiesa delle origini per comprenderne certi pronunciamenti, è però insufficiente la riduzione della loro vicenda - e di ogni altra - ai condizionamenti economico-sociali.
Affine, anche se con una sua autonomia di percorso, è l'analisi di "antropologia culturale" che allarga il ventaglio dei dati, interessandosi anche degli usi, dei costumi, delle feste, delle danze, dei miti, dell'arte, dei riti, dell'etnologia eccetera. Molti aspetti dell'insegnamento di Gesù, ivi compresa la categoria fondante del Regno di Dio o la concezione del tempo della salvezza, possono essere illuminati grazie a questo approccio. Tanto per fare un esempio molto specifico, che tra l'altro dimostra la connessione col metodo sociologico, pensiamo all'opera dell'americano Halvor Moxnes, The Economy of the Kingdom (1989), che esamina il Vangelo di Luca sulla base dello schema "patrono-benefattore e cliente-suddito", tipico dell'orizzonte greco-romano, superato però dalla nuova prospettiva cristiana ben marcata dal terzo evangelista.
Terza e celebrata analisi è quella "psicologico-psicanalitica" che, a partire da Freud e Jung, ha occupato un posto sempre più rilevante nella cultura contemporanea e che, perciò, è stata applicata anche alla religione e ai testi sacri. In particolare, oltre alla comprensione delle dinamiche proprie della conoscenza e coscienza religiosa, questo approccio ha favorito l'approfondimento dell'uso e del significato del simbolo che è la via regale della comunicazione religiosa. Molti sono stati i risultati positivi ottenuti anche per la penetrazione dell'esperienza di Gesù e della Chiesa così come è presentata dai Vangeli. Facile è intuire anche le degenerazioni riduttive. Il caso del tedesco Eugen Drewermann, sul quale è stato detto e scritto molto, è emblematico: le sue interpretazioni secondo gli archetipi junghiani di Marco (1987-88) e Luca (1986) e la sua Psicologia del profondo ed esegesi (1984) sembrano dissolvere la dimensione storica dell'annunzio cristiano riducendolo a pura interiorità psicologica.
Siamo, così, a una terza strada che potremmo definire "contestuale", cioè legata a sensibilità particolari di questi ultimi tempi. Più che di metodi propri, si tratta di attenzioni puntuali che vengono elaborate attraverso i vari strumenti delle scienze umane appena descritte. Facciamo cenno a due tipologie. La prima è quella della lettura della Bibbia legata alla "teologia della liberazione", cioè protesa alle necessità del popolo sfruttato e oppresso così che il Vangelo diventi sia alimento della fede ma anche della vita e dell'impegno per la giustizia. È noto che questa lettura ha avuto un'incidenza marcata soprattutto in America Latina e ha prodotto commenti biblici interessanti, tradotti anche in altre parti del mondo.
Il senso profondo del Dio che salva, l'insistenza sulla dimensione comunitaria della fede, l'urgenza della giustizia e dell'amore, il Vangelo come vessillo di speranza e di libertà sono componenti preziose. Il rischio di una riduzione della Bibbia a testo di impegno socio-politico e alla costituzione di una sorta di escatologia terrena è, però, lo scotto pagato in certe pratiche di questa lettura "liberazionista". Altrettanto contestuale è un altro modello interpretativo che vogliamo evocare e che ha ottenuto grande successo soprattutto nei Paesi anglosassoni.
Si tratta della lettura "femminista", iniziata negli Usa già sul finire dell'Ottocento con la Woman's Bible (1885 e 1898) e oggi ben più diffusa e organica, fino a estendersi alla liturgia e al linguaggio ecclesiale - il cosiddetto linguaggio "inclusivo", cioè non sessista. Molti sono i pregi di questa attenzione alla figura femminile come parte fondamentale non solo dell'essere creature umane, ma anche dello stesso profilo biblico di Dio. Lo stesso Gesù e la Chiesa delle origini superano la concezione maschilista della società greco-romana: "Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Galati, 3, 28). Evidenti, però, sono anche gli eccessi ai quali si è votata questa ermeneutica, quando cade in quella stessa unilateralità che denuncia, riguardo alla tradizionale esegesi "maschilista", rivelando certi furori esclusivisti e radicali.
Eccoci, così, all'ultimo percorso "basato sulla tradizione". La Bibbia coinvolge anche una platea di lettori che la fanno vivere, la attualizzano, la incarnano. Noi sappiamo che la tradizione cristiana è "assistita" dallo Spirito Santo, secondo una delle promesse di Cristo. Si è, così, convinti che la cornice della fede che accompagna la proclamazione della Bibbia sia importante per una lettura specificatamente teologica. Si è configurato per questa via l'approccio "canonico" alle Scritture secondo il quale ogni singolo testo biblico dev'essere interpretato all'interno dell'unica Rivelazione e dell'unico disegno divino e naturalmente dell'unica "Bibbia" o "Scrittura". Anche il Vangelo, perciò, dev'essere inteso nel suo rapporto alla Prima Alleanza e non isolato come unica e definitiva Parola divina o come testo storico-letterario a sé stante. Inoltre, dev'essere collocato all'interno della costante lettura della Chiesa.
Un aspetto particolare di queste interpretazioni "tradizionali" è quello della cosiddetta "storia degli effetti del testo" (Wirkungsgeschichte). Un testo, infatti, ha anche una sua appropriazione da parte dei lettori che lo fanno "esplodere" in tutte le sue potenzialità e ricchezze attraverso l'intuizione letteraria, artistica, ascetica, mistica, teologica. C'è una fecondità particolare in questo metodo perché mostra il fiorire della Parola di Dio e di Cristo nelle sue iridescenze e nelle applicazioni: pensiamo solo al contributo secolare offerto dall'arte per rendere più fragranti i dati evangelici così che alimentassero la fede e la vita, la comprensione e l'adesione dei cristiani.
In conclusione e in forma di suggerimento bibliografico, per tutte le questioni da noi trattate rimandiamo al prezioso documento della Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa (Libreria Editrice Vaticana 1993). "La Scrittura ha bisogno dell'interpretazione e ha bisogno della comunità in cui si è formata e in cui viene vissuta". Queste parole rivolte da Benedetto XVI al mondo della cultura, lo scorso 12 settembre a Parigi, sono la sintesi del nostro viaggio molto semplificato e sintetico nel mondo dell'esegesi contemporanea e sono anche un appello rivolto all'intera comunità ecclesiale perché continui a cercare la Parola nelle parole, a scoprire il Logos, cioè il Verbo eterno e divino, nella sarx, ossia nelle espressioni storico-culturali nelle quali e attraverso le quali si è manifestato e si manifesta.



(©L'Osservatore Romano - 13-14 ottobre 2008)

Nessun commento: