mercoledì 22 ottobre 2008

L'OSSERVATORE ROMANO Edizione quotidiana 23 ottobre 2008

Gli estremisti si impossessano delle terre dei cristiani costretti a fuggire dall'Orissa

Aggressioni ed espropri

Violenze senza fine in India




Bhubaneshwar, 22. Continuano senza sosta le violenze in India nei confronti dei cristiani. Quattro novizi della Indian missionary society sono stati attaccati da alcuni attivisti appartenenti ad un partito indù, nel distretto di Karnataka. L'episodio di violenza è avvenuto domenica scorsa, ma la notizia è stata diffusa soltanto, mercoledì, dalla Conferenza episcopale dell'India.

I quattro novizi, come tutte le domeniche, stavano visitando alcune famiglie di agricoltori che coltivano caffè nel villaggio di Chennangoli. Ad un tratto, si è avvicinata una folla di attivisti indù, molti dei quali conosciuti come elementi pericolosi, e hanno iniziato a inveire sui quattro religiosi accusandoli di voler convertire gli abitanti del villaggio. Subito dopo le parole, gli attivisti sono passati ai fatti colpendo ripetutamente i quattro novizi e procurandogli serie ferite. Le vittime, subito ricoverate in ospedale, si chiamano Sandeep Masih, Lijo Kuruvilla, Kuldeep Beck e Vinod John.


Padre Snehanand della Indian missionary Society, maestro dei novizi, insieme ad altri due sacerdoti si è immediatamente recato sul luogo dell'aggressione per contattare gli attivisti e cercare una pacificazione ma alcuni facinorosi hanno cercato, per fortuna senza successo, di colpire al volto anche il sacerdote.


I responsabili della Indian missionary Society hanno sporto denuncia nei confronti degli attivisti indù, i quali a loro volta hanno presentato una controdenuncia accusando i novizi di aver violato i confini delle loro proprietà terriere.


Il vescovo di Mysore, monsignor Thomas Anthony Vazhapilly, è stato informato dell'accaduto e ha contattato le autorità civili e di polizia affinché facciano tutto il necessario per porre fine alle violenze. Di conseguenza, il sovrintendente di polizia ha convocato indù e cristiani per raggiungere un'intesa. Ma il risultato non è stato molto soddisfacente. I quattro novizi, ancora sotto shock per le violenze subite, sono dovuti rimanere per precauzione fino a tarda notte in caserma e successivamente scortati fino alla st. Joseph Ashram. Anche alcuni medici indù dell'ospedale dove sono stati ricoverati i quattro novizi sono intervenuti per fare da mediatori e stanno lavorando per organizzare un più vasto incontro per la pace nell'intera zona. Anche in considerazione del recente attacco alle chiese cristiane a Mangalore, le autorità politiche hanno pensato di inviare due poliziotti a presidiare ventiquattr'ore su ventiquattro la st. Joseph Ashram.


I membri della Indian missionary Society hanno il particolare carisma di operare per la pace, l'armonia e l'integrazione nazionale e anche per il benessere dei settori più deboli della popolazione a prescindere dalla loro fede.


Intanto, gli oltre cinquantamila profughi fuggiti dal distretto di Kandhamal e stanziatisi nelle foreste, o accampati da circa due mesi nei campi predisposti dal governo, stanno perdendo definitivamente la speranza di tornare nelle loro case e nelle loro terre; di riavere la loro vita. I gruppi radicali indù si stanno appropriando indebitamente delle terre rimaste abbandonate, coltivate con grano, mais, alberi da frutta e zenzero, privando per sempre i cristiani delle loro proprietà e dei mezzi di sostentamento.


"Si tratta per la maggior parte di dalit e tribali che subiscono la violenza dei gruppi radicali indù, ben organizzati e anche armati, senza poter opporre alcuna resistenza, soprattutto perché - denunciano i vescovi dell'Orissa - le autorità civili e la polizia non fanno nulla per fermare questa ingiusta confisca e flagrante violazione dei diritti individuali".


In tal modo subdolo, affermano i cristiani locali, si compie il disegno dei gruppi estremisti indù di eliminare la presenza cristiana dell'Orissa:  le famiglie e le piccole comunità dei villaggi, private di tutto e senza alcuna speranza di poter avere giustizia, sono costrette a spostarsi altrove.






(©L'Osservatore Romano - 23 ottobre 2008)


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