mercoledì 3 settembre 2008

Cristiani convertiti a forza e arruolati fra gli estremisti indù

di Marco Bellizi

Ora li costringono a convertirsi all'induismo e ad attaccare le chiese. I cristiani dell'Orissa, molti dei quali già vittime delle violenze dei giorni scorsi, stanno vivendo un nuovo incubo. È quanto denuncia la Catholic Bishops' Conference of India (Cbci), attraverso il suo portavoce, padre Joseph Babu Karakombil, il quale parla di atti "totalmente disumani" e palesemente in violazione dei diritti fondamentali. Secondo le ultime notizie che giungono da Bhubaneswar, la capitale dello Stato dell'Orissa, sebbene forze di intervento rapido siano dispiegate in molte zone nel distretto di Kandhamal con l'ordine persino di "sparare a vista", gruppi fuori controllo continuano ad attaccare chiese e a saccheggiare istituti cattolici. Solo lunedì dieci luoghi di preghiera sono stati devastati nel villaggio di Kundra, nel distretto di Jayapur. Nella zona di Tikabali, cinque villaggi sono stati attaccati e saccheggiati. Una chiesa, un convento e due ostelli sono stati distrutti a Mondasore, nella zona di Raikia. I vescovi indiani non nascondono la loro preoccupazione: "Siamo estremamente angosciati - affermano i presuli - nel notare che nonostante le assicurazioni date dal primo ministro dell'Orissa, Shri Naveen Patnaik, al primo ministro federale Manmohan Singh, circa il fatto che la violenza in Kandhamal sarebbe stata repressa, non notiamo miglioramenti. Sebbene siano state dispiegate forze di sicurezza, i fondamentalisti continuano ad attaccare i cristiani e le loro istituzioni liberamente. Ci appelliamo al primo ministro dell'Orissa affinché agisca contro chi sta piegando la legge ai propri fini e protegga i cristiani, le loro case e le loro istituzioni che sono sotto il continuo attacco dei gruppi fondamentalisti. Chiediamo inoltre all'amministrazione statale di vigilare sulla questione delle riconversioni forzate, dal momento che si tratta di una palese violazione del diritto costituzionale dei cristiani a vivere nel loro Paese senza timori".
Ieri il portavoce della Conferenza episcopale indiana aveva segnalato che gli attacchi alle comunità cristiane indiane sono il frutto di una strategia volta a instaurare in alcune zone del Paese un vero e proprio "regno del terrore". Gli estremisti, ha detto padre Babu, "hanno cercato di colpire tutti i fedeli, luoghi e simboli cristiani, quasi per cancellare le tracce di cristianesimo dalla zona".
La Chiesa in India intanto sta cercando di tracciare un primo bilancio degli attacchi. Secondo dati forniti dalla Cbci sono 50 le chiese attaccate, dieci gli esercizi commerciali distrutti, quattro i conventi, cinque gli ostelli, sei gli istituti religiosi e altrettanti i sacerdoti e religiosi cattolici feriti. Delle ventisei vittime sinora accertate, non è ancora possibile dire a quale comunità e confessione cristiana appartengano. "È evidente - ha detto il portavoce - che non si è trattato di un episodio isolato, ma di un'azione ben organizzata e pianificata. Abbiamo presentato al Governo e alle massime autorità nazionali la situazione e abbiamo ricevuto solidarietà", ha aggiunto padre Babu, che chiede, a nome dei vescovi indiani, una mobilitazione internazionale.
Mentre in India anche i bramini chiedono che cessi ogni violenza, la madre superiora delle Missionarie della Carità, suor Nirmala Joshi, in occasione della memoria liturgica della beata madre Teresa di Calcutta, il 5 settembre, ha diffuso un appello, riportato dall'agenzia Asianews: "Cari fratelli e sorelle dell'Orissa e di tutta l'India, non dimentichiamo la nostra vera identità, quali amati figli di Dio, nostro Padre. Siamo fratelli e sorelle l'uno dell'altro, qualunque sia la nostra religione, razza, cultura o linguaggio, ricchi o poveri. Nulla ci dovrebbe separare. Soprattutto, non usiamo la religione per dividerci. L'essenza di tutte le religioni è l'amore, l'amore per Dio e l'amore l'uno per l'altro. La violenza in nome della religione è un abuso della religione. "La religione è un'opera di amore. Non è fatta per distruggere la pace e l'unità. Le opere dell'amore sono opere di pace. Utilizziamo la religione per divenire un solo cuore pieno di amore nel cuore di Dio" (beata Teresa di Calcutta). Cari fratelli e sorelle, in nome di Dio e della nostra umanità creata per cose più grandi - amare ed essere amati eternamente, in nome della nostra nazione e della nostra nobile eredità, in nome dei poveri, dei bambini, e di tutti i nostri fratelli e sorelle che soffrono come vittime di queste insensate violenza e distruzione, faccio questo appello: preghiamo, apriamo le nostre menti e i cuori alla luce e all'amore di Dio. Gettiamo via le armi dell'odio e della violenza e indossiamo l'armatura dell'amore. Perdoniamoci gli uni gli altri e domandiamo perdono gli uni agli altri per il male che abbiamo fatto gli uni agli altri e giungiamo ad amarci reciprocamente.
"Preghiamo per il riposo delle anime di Swami Lakshmananda Saraswati e dei suoi collaboratori e di tutti i nostri fratelli e sorelle che hanno perso la loro vita durante queste violenze. Preghiamo gli uni per gli altri e domandiamo alla nostra madre, la beata Teresa di Calcutta, di pregare per noi così che possiamo divenire strumenti di Dio, della sua stessa pace, amore e gioia gli uni per gli altri e costruttori della civiltà dell'amore".



(©L'Osservatore Romano - 4 settembre 2008)

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