Versioni di una morale
Nel pomeriggio di lunedì 20 aprile viene presentato a Milano, all'Università Cattolica del Sacro Cuore, il libro di Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Roma-Bari, Laterza, 2008, pagine XI+322, euro 18). Pubblichiamo quasi per intero il primo intervento, dopo il quale sono previsti quelli di don Ferdinando Citterio e di Adriano Pessina.
di Maria Luisa Betri
Università di MilanoNon vi è dubbio che l'avventurarsi nell'analisi del rapporto fra Chiesa e sessualità nella storia, nell'ambito di un lungo, anzi di un lunghissimo periodo, dalle origini del cristianesimo fino ai giorni nostri, implichi una buona dose di coraggio e una padronanza più che sicura della "cassetta degli strumenti" storiografici. Certamente, né l'uno né l'altro requisito difettano alle due autrici di questo volume, un volume che intriga, avvince, invita a riflettere e a discutere, soprattutto là dove sembrano affiorare più esplicitamente alcune venature ideologiche.
Una delle cifre più visibili di questo libro è il dualismo, già insito nella fase della sua progettazione e costruzione per mano di due studiose che, da versanti contrapposti - l'una sul fronte laico, l'altra su quello cattolico - e lungo percorsi e prospettive interpretative differenti, non privi di dissonanze, convergono comunque a tratteggiare un grande quadro, ricco di suggestioni. E anche la forte motivazione da cui ha preso le mosse questo lavoro - riesaminare e verificare il consolidato stereotipo della ostinata sessuofobia che avrebbe connotato il cristianesimo prima e il cattolicesimo poi - nasce dalla constatazione dell'altrettanto tenace luogo comune del contrapporsi al piacere e al sesso, come speculare condanna, della colpa e del peccato. "Sensibilità più libere, analisi circostanziate dei testi e delle politiche - si legge nell'introduzione - possono di volta in volta articolare, smentire, porre in relazione con territori e finalità diverse, fino a sgretolare forse il potenziale interpretativo di un assunto così generico".
Insomma, in una complessa architettura, tematica e cronologica al tempo stesso, il volume ha inteso individuare i tratti distintivi dell'atteggiamento del cristianesimo e della Chiesa cattolica nei confronti della sessualità, nelle sue molte declinazioni, dandone conto "nelle trasformazioni, nelle permanenze, nelle flessibilità".
In origine - come mette in rilievo Scaraffia, la cui analisi si è mossa prevalentemente sul piano teologico e culturale - sta il modo nuovo di concepire il rapporto sessuale tra uomo e donna, modo nuovo legato al mistero dell'Incarnazione, al mistero di Dio che si fa uomo: poiché l'Incarnazione "promuove il corpo allo stesso livello dello spirito", l'amplesso fra un uomo e una donna, metafora del rapporto fra l'anima e Dio, fra la Chiesa e Cristo, assume un profondo significato spirituale. Nel cambiamento della concezione del corpo umano, ora reso sacro come "tempio di Dio", la sessualità, in cui corpo e spirito si intrecciano, viene individuata come strumento nel cammino lungo la via della salvezza.
I capitoli iniziali ripercorrono le vicende dalla fase fondativa delle origini fino a tutto il primo millennio cristiano e oltre: scelte di castità, modalità differenti di rinuncia ascetica alla pratica sessuale, uso metaforico della sessualità per parlare del sacro e le sue varie declinazioni iconografiche nell'arte sacra, il lungo iter che giunse a imporre l'obbligo del celibato ecclesiastico, ribadito solennemente a metà Cinquecento dal Concilio di Trento, per rimanere in vigore fino a oggi, e l'affermazione di un modello di matrimonio, fondato sull'inviolabilità del vincolo, e unico ambito legittimo di appagamento del desiderio.
Malgrado le autrici, in apertura di volume, dichiarino il taglio compilativo del loro lavoro, in queste pagine l'interesse a intrecciare la storia del diritto con la storia sociale, a mettere in relazione i comportamenti con le norme e l'applicazione delle norme lascia intravvedere un retroterra di conoscenze di un'ampia casistica ricostruita sullo scavo di carte d'archivio. Il governo della sessualità da parte della Chiesa viene quindi a fondarsi su "una normativa del particolare e del possibile", nella quale l'universalità di regole e dettati intransigenti si miscela a mediazioni in ogni singolo caso, in una inesauribile disponibilità a valutarne il suo contesto e le sue conseguenze, sia nella sfera individuale della coscienza, sia nelle sue ricadute sociali e politiche, per cui al rigore degli enunciati segue spesso una politica di più clemente tolleranza. "Versioni di una morale flessibile", dunque, nella politica di un disciplinamento che si rivela "impossibile" a eliminare comportamenti e pulsioni incoercibili. Tuttavia l'accento posto sulle intenzioni e sui desideri, più che sugli atti in sé, rende i testi della casistica uno strumento di costruzione di una nuova morale: "Un sistema normativo della coscienza, in cui il singolo è al centro di valutazioni e negoziazioni che declinano di volta in volta l'applicabilità della legge universale del bene e del male".
La trasformazione epocale muove dallo scorcio del Settecento, quando gli albori del processo di secolarizzazione, nella transizione verso il mondo contemporaneo, cominciano a erodere l'egemonia della Chiesa nel governo della morale, in una società - scrive Scaraffia - che da eteronoma, strutturata dalla religione, si rende autonoma, dandosi leggi proprie ai fini dell'autogoverno, sviluppando un'autocomprensione, in antitesi alla religione, su tutti i temi della vita umana, e quindi anche sul comportamento sessuale. Il quale rientra sempre più ampiamente nel discorso della scienza, della medicina innanzitutto e dell'igiene, e via via della biologia, dell'antropologia, della sociologia, della psicanalisi. Con il crescente estendersi dello sguardo e del controllo medico sul corpo della società, al fine di risanarlo debellandone le patologie e di eliminare o separare le componenti di emarginazione e devianza, la sfera della sessualità, sottratta al controllo e al disciplinamento di matrice religiosa, sarà progressivamente sussunta nel sistema medico-scientifico. Valga come esempio per tutti il caso della masturbazione, oggetto di una vasta trattatistica medica che, tra Settecento e Ottocento, ne enumera con dovizia di particolari quelle che ritiene le nefaste, invalidanti conseguenza patologiche, dalla cecità all'epilessia, in un evidente dislocamento dalla categoria di peccato, e dunque dalla dannazione dell'anima, a quella della malattia, dai degradanti effetti sul corpo.
Nella temperie positivista permeata di laicismo e anticlericalismo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, la critica alla morale sessuale cristiana si fa più incalzante e polemica, articolandosi nei termini di una vera e propria "questione" sessuale, spesso dibattuta nelle pagine di una pubblicistica divulgativa, in cui si rivendica una pratica sessuale più libera nella sua naturale spontaneità, purché rispettosa di precise regole eugenetiche.
L'ultimo, denso capitolo del volume ripercorre le fasi del confronto, spesso lacerante e conflittuale, della Chiesa del Novecento, e in particolare nel secondo dopoguerra, con le trasformazioni del comportamento sessuale e con le istanze provenienti dalla società moderna, in particolare in materia di controllo delle nascite, di pratiche anticoncezionali e di emancipazione delle donne. Nel corso degli anni Cinquanta si va profilando un'incrinatura tra donne e Chiesa, che si coglie in "mutamenti quasi invisibili nella loro percezione di sé; insofferenze taciute verso un modello ancorato al destino biologico e riproduttivo, aspettative confuse e progettualità da elaborare su percorsi esistenziali che sembrano aprirsi agli scenari dell'istruzione e del lavoro". Tutto ciò contribuisce a "scavare un solco tra il modello cattolico e i soggetti femminili". Il mondo cattolico si divide sulla legittimità della separazione della sessualità dalla riproduzione, all'interno del legame matrimoniale, mentre negli anni Sessanta si profilano le avvisaglie di quella "liberazione sessuale" che si sarebbe pienamente manifestata nel decennio successivo, nel quale il declino dell'influenza della Chiesa si manifesta anche negli esiti dei referendum sul divorzio (1974) e sull'aborto (1981). "La più formidabile crisi della Chiesa cattolica del XX secolo", come qualcuno l'ha definita, e in queste pagine vivamente ricostruita nella dialettica tra innovatori, autorità magisteriale del Pontefice e mondo cattolico, è vissuta nelle tormentate fasi di elaborazione ed emanazione dell'enciclica Humanae vitae, che conferma l'insegnamento tradizionale della Chiesa in tema di matrimonio e condanna recisamente l'intervento umano nella procreazione, suscitando delusione e vibrate critiche. Le cui tesi per altro saranno riprese sviluppate nel pontificato di Giovanni Paolo II, che era stato uno dei consulenti di Paolo VI.
Ma la posizione attuale della Chiesa nei confronti della sessualità è veramente oppressiva e "antimoderna"? La risposta è elusa dalle autrici, giustamente contrarie alla storia che giudica. Dopo l'Humanae vitae, comunque, si sono resi più espliciti i termini del conflitto, non nella banale contrapposizione tra oppressione e libertà, bensì tra una visione "laica" che colloca anche l'atto sessuale nella sfera esclusiva della libertà individuale, e la concezione cattolica che "lo giudica e lo definisce come momento importante del percorso spirituale di ogni credente, un incontro tra anima e corpo che non si può sottrarre al rispetto delle regole religiose. L'una basata su un'analisi scientifica della sessualità e dell'autonomia del soggetto intesa come valore dominante, l'altra fondata sulla costituzione dell'individuo come soggetto morale in un sistema di norme definite".
L'auspicio espresso in chiusura, e che apre, ovviamente, alla discussione, è che "il comportamento sessuale torni a essere problema collettivo", che su di esso, materia oggi più che mai complessa e controversa, si torni insomma a ragionare superando gli steccati ideologici.
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